lunedì, dicembre 07, 2015

New York 7: Blue Note, partenza, Stockbridge e Pittsfeld (Massachusetts)

Giovedì 11 giugno 2015

Oggi è una giornata senza programmi precisi e ci svegliamo più tardi. Viste le temperature sempre più calde e considerando che avremmo camminato di meno, decido di indossare i sandali per la prima volta nella stagione. Ma dopo qualche centinaio di metri sono già sofferente.
Giunti all'Hard Rock cafe sulla settima Avenue, che A. voleva visitare per degli acquisti, io ne approfitto e, separandomi dal gruppo, vado a cercare una farmacia dove poter acquistare i cerotti per il piede. Ne trovo una gigantesca e, dopo aver girovagato per i vari piani riesco infine a trovare gli agognati cerotti. E quindi uscendo assisto a una scena di violenza un po' inquietante tra un gruppo di "artisti di strada" neri e un tipo che si guadagna da vivere vestendosi da Elvis e facendosi fotografare dai turisti. Dopo un bisticcio su una probabile questione di occupazione di spazi, vedo uno dei giovani del gruppo che insegue Elvis mentre questi si allontana e impreca timidamente e sordianamente sperando che il giovane inseguitore desista. Ma il giovane persiste e, nonostante il passaggio di due poliziotti e dopo essersi assicurato che questi siano sufficientemente lontani, raggiunge Elvis e lo colpisce facendolo urtare contro una panchina metallica e fracassare al suolo.
Proseguiamo con alcuni acquisti di vestiario.
Assistito da un commesso italiano mi compro pantaloni e polo (dovrò pur presentarmi vestito decentemente al Blue Note). E dopo un altro po' di girovagare ci dirigiamo verso il Blue Note.
Il concerto è del soprano Kathleen Battle che io non conoscevo. Pare che abbia avuto una celebre carriera di cantante d'opera ma, a mio modesto parere, la prestazione di stasera è piuttosto deludente. Non so se fosse una questione di età, se fosse il fatto che il jazz non è cosa sua o se fosse semplicemente una questione di gusti.







Venerdì 12 giugno 2015

Oggi dovremo incamminarci per il viaggio che ci porterà verso gli stati del Nord Est. Partiamo separatamente per andare all'aeroporto JFK a prendere la macchina noleggiata: io, G e A in taxi e D e Zucchero in metro. G ha più esperienza in fatto di cambi automatici e quindi parte lui con la staffetta di guida mentre io mi occupo del navigatore. Dopo un po' di chilometri prendiamo una direzione sbagliata e siamo quindi costretti a uscire nel Bronx. Mentre proviamo a ricalcolare la strada A si accorge che invece di inserire Stockbridge nel Massachusetts (la nostra meta) avevo sì inserito Stockbridge, ma senza cambiare stato. E cioè Stockbridge dello stato di New York. Quindi, grazie alla quattordicenne del gruppo, ci risparmiamo la deviazione di circa 400 km con annesse imprecazioni. E poi lamentiamoci dei giovani! In ogni caso, se non avessimo preso quella direzione sbagliata forse non ci saremmo accorti dell'altro errore. Non tutti i mali vengono per nuocere, no?!

Giunti Stockbridge nel Massachusetts pranziamo nel primo ristorante che troviamo. Dovrebbe proporre specialità locali ma, a parte la solita aria condizionata ibernante, non ci lascia impressioni degne di nota.


E, complessivamente, Stockbridge non ci entusiasma: è un piccolo centro con case di legno del periodo o di stile coloniale, molte delle quali hanno l'ingresso sormontato da un porticato sorretto da due o più colonne.

In serata arriviamo a Pittsfeld, il luogo della nostra tappa notturna. Lì, persi un po' nell'indecisione dei vari componenti del gruppo, girovaghiamo un po' per decidere dove mangiare. Vista l'indecisione, D decide di risolvere il suo bisogno primario prendendosi un gelato in un chioschetto. La ragazza che la serve ci chiede se siamo italiani e poi ci dice di avere il padre calabrese e che spesso vanno a trovare la nonna in Calabria ma, ciononostante, lei non parla una parola d'italiano. I suoi capelli biondi e i suoi occhi azzurri mi fanno pensare o a un'ascendenza calabro-normanna o, più probabilmente, a un'ascendenza nordeuropea da parte materna.
Il momento di indecisione non è ancora risolto. E, trovandoci a passare davanti a un locale che sembra di buona qualità, G e io cerchiamo di risolverlo entrando nel locale. Ma nessuno ci segue. Quando stanno arrivando i nostri due antipasti di polpo, il cui arrivo è ritardato da alcuni malintesi per risolvere i quali dobbiamo discutere con diversi livelli della gerarchia camerieresca, sopraggiunge anche A, probabilmente spinta dai morsi della fame, che vuole ordinare lo stesso piatto anche lei ma con qualche piccola variazione. A questo punto pare che sia inevitabile una nuova discussione con nuovi malintesi e - non riesco bene a capire perché - un nuovo coinvolgimento della gerarchia per spiegare le piccole variazioni. E così da cameriere semplice a cameriere capo, fino al responsabile di sala riusciamo a ottenere le nostre piccole variazioni. Ora io mi rendo conto di non parlare propriamente l'inglese di Boston ma in nessun altro ristorante abbiamo avuto problemi simili. Comunque, nonostante l'inconsueta scortesia di uno dei membri della gerarchia, alla fine il polpo è cucinato con molto gusto e ce lo godiamo accompagnandolo con un buon bicchiere di vino bianco. E, ovviamente, non lasciamo la mancia.

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