mercoledì, agosto 29, 2012

Ferite

 Venerdì 22 luglio 2005

La notte precedente Sara sarebbe voluta rimanere con lui. Seduta lì, accanto al suo letto per tutta la notte.

- Domani sarà una giornata pesante per tutti e due - le aveva detto Fosco poco prima delle due. - Vai a casa. Dobbiamo cercare di riposare un po' -. Si erano quindi abbracciati. Poi si erano baciati mentre le loro labbra venivano raggiunte da una confluenza di lacrime.
Come d'accordo Sara lo aveva chiamato appena rientrata in casa. Gli aveva detto che l'infermiera era stata molto gentile e aveva chiamato la guardia notturna per farla accompagnare al parcheggio.

Dopo qualche ora di sonno tormentato che quella pasticca gli aveva concesso Fosco si era svegliato definitivamente verso le sei. Oltre ai pensieri aveva contribuito a svegliarlo anche la luce troppo forte che penetrava dall'ampia finestra. Ogni tanto sentiva in lontananza lo starnazzare delle oche del vicino laghetto.
Era rimasto immobile per un tempo indeterminato. A contemplare quel groviglio di fili e tubicini di gomma che affluivano e defluivano da strumenti dotati di schermi: come raccordi tra ampolle di un fantascientifico laboratorio alchimistico del XXI secolo. A differenza del suo corpo, dominato dall'inerzia, la sua mente era congestionata da un vortice di pensieri confusi.
Quello stato di quiete fisica e tumulto interiore fu rotto dall'irruzione dell'infermiera. Fosco fu così iniziato al rito infermieristico mattutino: misurazione della pressione e della temperatura, distribuzione dei medicinali e collegamento della siringa per il prelievo al tubicino che fuoriusciva dal suo braccio.
Sara arrivò mentre Fosco stava spalmando la marmellata sul panino della colazione ospedaliera.

- L'infermiera mi ha detto che oggi mi dovranno fare un prelievo di midollo - le aveva detto subito.
- Sei preoccupato?
- Eh, un po' sì. Mi sono anche fatto dare i risultati del sangue di ieri. Adesso i globuli bianchi sono circa trentacinquemila. Quindi può darsi che il trapianto non sia più necessario.

In quel momento Doktor Strauß entrò con un carrello.

- Buongiorno Herr Chiellini! È pronto per l'agoaspirato?
- Non molto veramente, ma va bene lo stesso.
- Non si preoccupi, non è nulla di terribile.

Con il cuore in tumulto Fosco seguì le indicazioni del dottore scoprendosi la parte destra del bacino e disponendosi disteso sul fianco sinistro. Sara gli diede la mano mentre Doktor Strauß prendeva l'occorrente dal carrello. Quando il dottore cominciò a toccargli la zona posteriore del bacino Fosco cercò di voltarsi.

- Non si preoccupi, stavo cercando il punto giusto sulla cresta iliaca - disse Doktor Strauß mentre prendeva una boccetta dal carrello. - Nicht erschrecken - continuò mentre gli spruzzava il disinfettante sul fianco. E quindi: - Es kommt ein Pieks.

Stavolta il dolore fu più acuto. Fosco strinse forte la mano di Sara. Ogni spruzzata di anestetico era come la puntura di una vespa. Con la differenza che il dolore non perdurava ma scompariva dopo un breve instante. L'anestetico cominciò a fare effetto quasi subito e la sensazione che provò quando l'ago arrivò a toccare l'osso fu più di fastidio che di dolore.

- Tutto bene? - chiese Doktor Strauß mentre estraeva l'ago. Fosco annuì.
Dopo un paio di minuti il dottore toccò di nuovo quell'area.
- Fa male?
- No - rispose Fosco e quando il dottore cominciò a premere Fosco capì che per toccarlo sul fianco il dottore non aveva usato il dito ma l'ago. Quanto durarono quella pressione e quegli avvitamenti? Non molto. Un minuto, forse due. La sensazione dell'ago che penetrava nell'osso era simile a quella precedente: più fastidio che dolore. Un po' come quello che si prova quando si tocca un muscolo indolenzito. Poi Doktor Strauß smise di premere.
- Ora potrebbe avvertire un po' di dolore.
Fosco sentì un rumore. Come quando ci si toglie un guanto di gomma. E subito avvertì l'aspirazione. Non era un dolore acuto come quello dell'anestetico. Era un dolore nuovo. Mai provato prima. Un liquido vitale che viene risucchiato al di fuori del corpo. E il corpo protesta generando quel nuovo dolore per la cui definizione non esiste neppure una parola. Il dolore del midollo risucchiato.
- Fatto! - disse il dottore estraendo l'ago con un movimento rapido. Poi applicò un cerotto sul buco, dispose un cuscinetto sul letto e fece distendere Fosco in posizione supina in modo che il cerotto andasse a poggiare sul cuscinetto. Fosco gettò uno sguardo a quella provetta piena di un liquido rosso, ma di un rosso troppo chiaro per essere sangue.
- Tra mezzora l'infermiera verrà a controllare che non sanguini più - disse il dottore uscendo.
- È stato doloroso? - gli chiese Sara.
- Un po', ma mi aspettavo di peggio - rispose Fosco con un sorriso. Ora si sentiva rilassato. Aveva superato la sua prima dura prova.
Mezzora dopo, oltre a controllare il cerotto, l'infermiera gli disse che il posto al reparto giusto si era liberato e poteva quindi spostarsi al piano di sopra.

domenica, agosto 26, 2012

Ragazzetto pallido

La scena si svolge ai giardinetti del paesello natio sabino. Diverse persone attendono il loro turno al bancone del chiosco.

- Io prendo un caffè e tu? - dice Zucchero.
- No, io  vado a casa a sistemare quelle cose - risponde Dioniso. Poi saluta e si allontana
Barista: - Ecco il caffè.
Signora dai capelli rossicci: - Ma chi è quel ragazzetto pallido?
La barista tace imbarazzata. Zucchero vorrebbe rispondere ma poi si frena.
Signora dai capelli rossicci guardando insistentemente la barista: - Quello là - dice indicando- quel ragazzetto senza capelli che si sta allontanando.
- È il figlio di Dionismammà - risponde infine tra i denti la barista scappando a pulire i tavoli per evitare altre domande.

Son soddisfazioni eh!?

giovedì, agosto 23, 2012

Escursione sui Monti Lucretili

Stamane siamo partiti alle 8:30. (Lo so, saremmo dovuti partire prima. Me l'ha detto pure l'amico pastore organettista che abbiamo incontrato riscendendo. Ma la vacanza è vacanza.) L'obiettivo era Cima Coppi (1211 m). Ma strada facendo la mia memoria ha fallito (considerate che saranno 15 anni che non frequento questi boschi) e abbiamo mancato l'obiettivo proseguendo, proseguendo, proseguendo. Man mano che proseguivamo mi tornavano in mente i luoghi e le storie, ma mi mancavano i nomi dei luoghi. Fortunatamente l'amico pastore ha poi fornito una stampella ai miei recalcitranti neuroni. Mi son così ricordato dell'"Ara du puzzu" e della storia del commercio di ghiaccio da neve che veniva ammassato dentro le fosse nel periodo invernale e trasportato, presumibilmente poco prima del disgelo, verso Roma dove veniva probabilmente conservato in grotte di ville nobiliari ed utilizzato per i sollazzi dei signori. Mi sono anche ricordato delle fenditure carsiche (che non ho ritrovato) e dei lagustelli di Percile. E mi sono ricordato anche de "u Ripar' 'ell'aquila" con il suo panorama spettacolare reso spesso più interessante dal volteggiare di un'aquila. Purtroppo di aquile non ne abbiamo avvistate. Mi sono chiesto se fosse a causa del caldo, o per coincidenza. Oppure se fosse a causa dei miei ricordi fallaci che mi facevano riaffiorare gli avvistamenti frequenti del passato. Poi l'amico mi ha anche ricordato il nome della valle del fontanile al centro del prato punteggiato come sempre da vacche maremmane. Era forse valle sambucu? Un altro amico mi ha detto che "u Ripar' 'ell'aquila" è in realtà un nome moderno. Il vero nome di quel punto panoramico è "a sforcatura d'i piani"
Alla fine siamo arrivati alle pendici del Monte Pellecchia. A quaranta minuti dalla vetta. Ma si era fatto un po' tardi e abbiamo desistito.
Al ritorno poi mi sono pure ricordato che il nostro obiettivo, la Cima Coppi, era quella alla sinistra de u Ripar' 'ell'aquila. Ci siamo così avventurati nella scalatina raggiungendo la cima più bassa.
Complessivamente ci siamo fatti 11 km in poco più di tre ore. Giunti a casa, per non deludere la genitrice, ci siamo visti costretti a consumare un piatto di fettuccine fatte in casa con asparagi selvatici e "spinaróli" (un ottimo fungo locale), porchetta e fichi di mio padre. Eh sì, è stata dura. Per fortuna il 9 settembre rivalicheremo le Alpi verso nord.

mercoledì, agosto 22, 2012

Documenti

Subito dopo l'applicazione della prima flebo Fosco e Sara si erano messi a leggere il materiale che il dottor Strauß gli aveva lasciato. Già la lettura del titolo li spaventò.

Multizentrische Therapieoptimierungsstudie der akuten lymphatischen Leukämie bei Erwachsenen und Adoleszenten ab 15 Jahren - Therapieoptimierung durch Evaluation der minimalen Resterkrankung
Anche se a tradurlo non ci misero molto. E non ebbero neppure molte difficoltà nel comprendere le prime righe. Quello che avevano in mano era sostanzialmente un consenso informato per inserire Fosco in questo "studio per l'ottimizzazione della terapia per la leucemia linfatica acuta attraverso la valutazione della malattia residua minimale".

- Questa malattia residua minimale dev'essere un parametro importante - osservò Fosco.

- Direi di sì, visto che lo citano nel titolo - rispose Sara.

- Guarda, qui di seguito lo chiamano MRD. Usano l'acronimo inglese: Minimal Residual Disease. Chissà come la misureranno questa malattia residua.

Fosco continuò a leggere, nel modo in cui si era gradatamente abituato a fare quando voleva capire velocemente qualcosa in quella lingua. In modo automatico e quasi inconsapevole ignorava i termini che non capiva e poi cercava di ricostruire il significato della frase colmando a senso le lacune disseminate qua e là. Spesso questa tecnica funzionava, ma non sempre.

Dopo aver girato pagina lo sguardo di Fosco si rabbuiò. Voltandosi si accorse che quella frase aveva scosso anche Sara.

"Lei ha una malattia grave che, se non trattata, può portare alla morte entro poche settimane o pochi mesi."

Cercò di riprendere a leggere.

- Qui dice: i risultati stanno mostrando guarigioni sempre più frequenti ottenute attraverso l'uso prolungato di chemioterapia intensiva e "Bestrahlung". Controlleresti che è 'sto Bestrahlung?

- Radioterapia - disse Sara dopo aver consultato il dizionario.

- Ma come!? Mi curano con la radioterapia? - esclamò Fosco. - Non abbiamo letto che le radiazioni sono una delle poche cause note della leucemia?

Sara lo guardò un po' smarrita.

- Eppure io ho sempre cercato di evitare le radiografie superflue - continuò Fosco abbassando lo sguardo. - Solo quel cretino del dottor Schulz ha voluto ripetermi l'ortopanoramica per due volte in due anni - riprese rabbioso. - Saranno state quello a scatenare tutto?

- Non lo sappiamo. E penso che non potremo saperlo mai - rispose Sara.

- Oppure qualcosa di strano che è successo nei mesi scorsi. Magari durante il viaggio a Cuba - proseguì Fosco. Poi tornò a guardare il documento. Sfogliava e leggeva a volo d'uccello - Certo però che questa lingua ci fornisce proprio pochi appigli. Chemotherapie si capisce ma Bestrahlung per radioterapia... E guarda quest'altra parola: "Knochenmark". Ma che cos'è? Dunque, "Knochen" significa osso e "Mark"... l'ho già visto scritto.... Sì, sui barattoli di polpa pomodoro!

- Midollo osseo - disse Sara alzando lo sguardo dal dizionario.

- Ah! Certo! La polpa di osso... - disse Fosco mentre l'immagine di un osso buco gli si materializzava nella mente. - Che cos'è il midollo osseo se non una polpa di osso?

Il bello di quella lingua era che, seppur quasi priva di appigli iniziali, metteva a disposizione una struttura logico-semantica che facilitava la deduzione una volta noti alcuni mattoni linguistici di base. Ma quel barlume di soddisfazione che era comparso negli occhi di Fosco tornò a spegnersi dopo la lettura di due delle altre tre terapie alternative che il documento era probabilmente obbligato a citare.

  1. Una terapia priva di chemio e radioterapia volta al solo alleviamento delle complicazioni che insorgeranno. Tale opzione la condurrebbe alla morte entro pochi mesi.
  2. Farmaci a basso dosaggio e con pochi effetti collaterali possono esser usati per combattere le cellule cancerogene. Neppure questa opzione produrrebbe una guarigione.
  3. Terapie di altri protocolli di studio approvati, ai quali, in ogni caso, sono associati effetti collaterali paragonabili a quelli del presente studio.

Continuando a leggere avevano capito che il protocollo proposto prevedeva una fase di chemio e radioterapie con una durata che poteva andare dai quattro ai sei mesi dopo la quale ci sarebbe stato il trapianto.

- Dobbiamo farcelo tradurre - disse Fosco dopo aver richiuso il documento. - Sono troppi i dettagli che non riusciamo a capire.

- Sì, hai ragione - disse Sara.

- Non che io abbia dubbi sul da farsi, viste le alternative offerte. Però... Insomma, non vorrei neppure firmare un documento che parla della mia vita e della mia morte senza averne compreso bene il contenuto.

- Potremmo chiedere ad Angela, l'amica di Donatella. Lei è traduttrice.

venerdì, agosto 17, 2012

La pecora dei Grigioni

17/8/2012 ore 19:05
Il gionaleradio della radio svizzera ci mantiene informati con notizie irrinunciabili.

1. È stata ritirata la patente a un motociclista italiano di 26 anni che percorreva un passo dei Grigioni a 216 Km/h
Ma quella più importante è sicuramente che
2.  L'orso M13 ha ucciso una pecora dei Grigioni.

Alla seconda notizia abbiamo immaginato questo tecnologicissimo centro di controllo svizzero pieno di monitor in cui i due Polizisten si sono trovati a fronteggiare questa due difficilissime emergenze. Non sapevano come gestire la pattuglia. Se mandarla a fermare il ventiseienne italiano oppure se salvare la povera pecora spedendo la pattuglia a bloccare l'orso M13. A volte nella vita ci si trova davanti a dilemmi buridaneschi insolubili.
Comunque alla fine la mia vescica non ha resistito a queste immagini mentali e ci siamo dovuti fermare interrompendo il viaggio con una tappa fuori programma.

Le ricette scientifiche di Bressanini: il pesto (quasi) genovese

Prima di partire per una lunga vacanza una delle incombenze per noi appassionati incompresi del balconaggio è quella di trovare un amico disposto ad aver cura dei nostri piccoli.
Una volta avevamo i nostri simpaticissimi e affidabilissimi amici crimei (Qui i racconti del nostro viaggio per le loro nozze crimee) che si prendevano cura di tutto e soprattutto respingevano le incursioni intrusive di Mortisia e Mortimer, ma ora che loro sono altrove non possiamo certo chiedere di annaffiare le piante proprio a Mortisia e Mortimer.
Individuata quindi la sfortunata e gentilissima amica che si è prestata a farsi due chilometri in bicicletta più volte a settimana e che sarà ricompensata a suon di salamelle e bottiglie d'olio, a noi non rimane che effettuare l'ultima annaffiata e i lavori di disposizione delle piante per minimizzare lo sforzo della nostra amica.
In tutto ciò, guardando il grosso vaso del basilico con le sue grandi, verdi e rigogliose foglie mi son detto: lui non ce la farà di sicuro. E allora perché non dargli modo di esprimersi ora che è nel pieno della sua bellezza e prestanza giovanile?
E così sono andato a rispolverare tra le ricette scientifiche di Bressanini quella del pesto (quasi) genovese.
Ho seguito quasi alla lettera le indicazioni del quasi pesto. Solo che Bressanini ci dice "Lo raccogliete e lo pesate (io peso tutto quando cucino) per meglio dosare gli altri ingredienti", ma poi non ci fornisce i dosaggi. Così io ho seguito questi dosaggi trovati su una delle migliaia ricette che si trovano in giro:
Peso foglie basilico 100, peso pinoli 40 (rimpiazzati con anacardi),  parmigiano 10, pecorino 20 (essendomi rimasto senza parmigiano e solo con del pecorino forte ho fatto pecorino 30), olio extra vergine oliva 100 (ho un po' abbondato), 1 spicchio d'aglio, peso sale grosso 6.
Il frullatore a bicchiere con basilico, olio e anacardi l'ho tenuto circa 20 minuti in congelatore.

Risultato: buona la consistenza e il colore, ma il sale era troppo. Penso che la metà (3) sarebbe stata più che sufficiente.
Quindi le note per il prossimo tentativo sono: metà sale, parmigiano e pecorino, e come bicchiere a immersione posso usare anche quello più piccolo con probabilmente più tornate di introduzioni di foglie.

martedì, agosto 14, 2012

Il Carnevale della Matematica di Ferragosto (#52): connessioni, nessi, legami, collegamenti, relazioni

Il Carnevale della Matematica di Ferragosto, il numero 52, ha come tema: connessioni, nessi, legami, collegamenti, relazioni.
Ad ospitarlo è Paolo Alessandrini, sul suo blog Mr. Palomar.

Paolo ci dice che per rappresentare il tema scelto anche attraverso l'immagine, ha "pensato di impreziosire il post carnevalizio con alcune pregevoli opere dell'artista slovena Teja Krasek, internazionalmente nota per la sua ricerca di connessioni (appunto) tra matematica e arte."

Così Paolo Alessandrini introduce il mio contributo (secondo lui in tema:-):

Continua l'affascinante itinerario di Dioniso sulle orme di Pitagora. Nell'ultimo mese sul Blogghetto sono uscite due nuove tappe di questo viaggio: Viaggio pitagorico: Metaponto e Viaggio pitagorico: Taranto - il Museo della Magna Grecia.
Potete trovare gli appunti completi del viaggio pitagorico di Dioniso su questa pagina del Blogghetto.
Dioniso mi mette in guardia che questi appunti "non contengono molto di matematico": a mio parere, invece, sono una suggestiva dimostrazione di come discipline molto diverse come la matematica, la storia, l'arte e la filosofia possano legarsi assieme.



Il carnevale si conclude segnalando il prossimo ospite.
Siamo arrivati in fondo, cari amici. Mr. Palomar lascia il testimone carnevalesco ai Rudi Mathematici, che ospiteranno l'edizione di settembre, la numero 53.
Nel ringraziare di cuore tutti i partecipanti e tutti i lettori, vi lascio in compagnia di un video realizzato da Teja Krasek in occasione dell'iniziativa "Gathering for Gardner 9", con musica di Jean Michel Jarre.
Buon Ferragosto a tutti!



Calendario con le date delle prossime edizioni del Carnevale


sabato, agosto 11, 2012

Le medaglie tedesche e le previsioni del ministero degli interni

Molta stampa tedesca, tra cui la Süddeutsche e lo Spiegel, parla in questi giorni della previsione del ministero degli interni secondo cui la Germania avrebbe dovuto vincere 86 medaglie di cui 28 d'oro.
Secondo me ce la possono ancora fare. Mancano solo 44 medaglie di cui 18 d'oro.
Chissà se il modello usato per la previsione si ispirava a quello usato per le previsioni finanziarie...

venerdì, agosto 10, 2012

Campi di battaglia

Frau Doktor Licht era stata molto brava a comunicargli quella terribile notizia. Gli aveva spiegato che esistono quattro tipi principali di leucemia. C'è la linfatica, la mieloide e per entrambe esistono la forma cronica e quella acuta. Solitamente le leucemie croniche sono meno aggressive ma è più difficile guarirle in modo definitivo, mentre quelle acute sono aggressive e rapide. Vanno affrontate immediatamente, ma molto spesso si riesce a guarirle completamente.
- Ho già parlato con i medici della clinica ematologica - gli aveva detto la dottoressa. - È una delle migliori del paese. Se vuole può andare oggi stesso.
- È strano - disse Fosco uscendo dall’ambulatorio - adesso mi sento molto meglio rispetto a qualche ora fa. Mi sento sollevato. Nonostante la diagnosi.
- Be', almeno adesso sappiamo che c'è una cura che funziona. Ma io forse mi sono persa qualche pezzo di quello che ha detto la dottoressa.
- Da quello che ho capito la terapia sarà un po' lunga. Mi ha pure detto che perderò i capelli - disse Fosco passandosi una mano tra la folta capigliatura riccioluta.
Tornati a casa Fosco aveva voluto farsi scattare una fotografia.
- Voglio lasciare un'ultima immagine di me: com'ero immediatamente prima dell'inizio della giostra. - E poi si era messo in posa accanto a quel mazzo di fiori che aveva comprato qualche giorno prima. Con la consapevolezza che non sarebbe stato mai più l'uomo di quel momento.
Varcando la porta d'ingresso della clinica Fosco pensò che quella era la prima volta che entrava in un ospedale come paziente. Quel fastidioso odore di disinfettante gli riempì immediatamente le narici, e come sempre nel passato gli provocò una sensazione di disagio. Ma oggi quel disagio era molto più forte. Sconfinava nella paura.
Chissà quanto tempo dovrò rimanere qui - si chiese.
- Nel reparto non ci sono letti liberi - gli dissero all'accettazione. - Per una notte dovrà pernottare nel reparto trapianti.
Un'infermiera li ricevette davanti alla porta chiusa del reparto. Mostrò loro l'interruttore per aprire la prima porta, i camici e le mascherine da indossare, il dosatore di disinfettante per le mani e l'interruttore per aprire la seconda porta.
 - Buongiorno Herr Chiellini. Io sono Doktor Strauß - gli disse un gigante stringendogli energicamente la mano. Poi li condusse alla camera assegnata a Fosco. Il grande spazio vuoto di quella camera con un solo letto accrebbe il livello d'inquietudine di Fosco. Quando il dottore tornò Sara stava carezzando la testa di Fosco: un castano cespuglio di capelli che copriva quel cuscino troppo sottile. Il gigante teneva in mano diversi fogli.
- Per curare il suo tipo di leucemia sarà necessario un trapianto - disse Doktor Strauß.
Quella parola riecheggiò nella testa di Fosco - trapianto, trapianto - perdendo un pezzo di significato ad ogni rimbalzo - trapianto, trapianto. Un senso d'irrealtà lo pervase. Poi di colpo la parola riemerse dagli abissi dell'inconscio proiettando intorno a se un caleidoscopio d'immagini. Sale operatorie, camici verdi e mascherine, bisturi, scrigni contenenti organi, trasporti in elicottero. E infine essa si materializzò in un suono vacillante sostenuto da un respiro spezzettato: - Un trapianto... - Mentre il pensiero di Fosco accompagnava quel suono con un contrappunto veloce ed ossessivo: sta succedendo a me, sta succedendo a me, sta succedendo a me.
- Ma la dottoressa aveva parlato solo di chemioterapia - riuscì a dire infine.
- Sì, quello è il protocollo per le leucemie a basso rischio, ma nel suo caso non funzionerebbe. La sua è una leucemia ad alto rischio in quanto i globuli bianchi della prima analisi erano più di quarantamila.
Alto rischio! L'espressione gli provoco una nuova tempesta interiore seguita da sforzo subconscio di dissimulazione.
- E quando dovrò essere operato?
- Il trapianto di midollo osseo non prevede operazioni. Fosco guardò Sara smarrito. Poi si voltò di nuovo verso Doktor Strauß.
- Il trapianto di midollo osseo - riprese il dottore - si effettua attraverso un'infusione di cellule staminali midollari prelevate dal sangue di un donatore.
- Quindi mi inietterete queste cellule staminali nella spina dorsale?
- No, quello è il midollo spinale. È un'altra cosa. Non c'entra nulla con il midollo osseo. Diciamo che dal suo punto di vista sarà come ricevere una trasfusione sanguigna. Ma prima dovrà subire alcuni cicli di chemioterapie e radioterapie per eliminare le cellule maligne e poi un ciclo finale per eliminare tutto il suo midollo. Solo allora le inietteremo in vena una sacca di cellule staminali che, se tutto andrà bene, troveranno da sole la strada per andare a posizionarsi nel luogo giusto e poter così ricostruire il suo midollo. Ma qui troverà tutte le spiegazioni e anche i moduli da firmare per il consenso - concluse il dottore porgendogli il pacco di carte che aveva in mano.
In quel momento entrò un'infermiera con una flebo e il dottore li lasciò. A Fosco non era mai stata applicata una flebo prima di allora. La sola vista di aghi e cannule gli aveva sempre provocato un certo disagio. Di colpo gli tornò in mente il suo primo prelievo di sangue. Aveva quattordici anni e il prelievo serviva per una questione burocratica: un certificato di "sana e robusta costituzione" necessario per l'ammissione alla scuola superiore. Uscendo dal laboratorio Fosco era quasi svenuto. Poche altre volte nei suoi 35 anni di vita si era sottoposto a prelievi. Li aveva sempre evitati volentieri ma poi, con un po' di sforzo, si era andato man mano abituando. E da quando, a 30 anni, si era trasferito a nord delle Alpi Fosco si era convinto a fare un prelievo di controllo ogni anno. Tutti i valori erano sempre a posto. L'ultimo prelievo lo aveva fatto un mese prima e non risultava alcuna anomalia. L'anno precedente invece di prelievi ne aveva fatti due. Oltre a quello solito di controllo infatti ne aveva voluto fare anche un altro per farsi tipizzare. C'era stato un caso tra i suoi conoscenti. Si era scoperto che quattro fratelli erano affetti da un rara malattia genetica. E Fosco fu tra quelli che risposero all'appello del padre dei bambini: "I miei bambini potranno sopravvivere solo grazie a un trapianto di midollo. Per favore, fatevi tipizzare." E ora era lui che sarebbe potuto sopravvivere solo grazie a un trapianto di midollo. A questo pensava Fosco quando l'infermiera gli disse: "Nicht erschrecken", non si spaventi, mentre gli spruzzava il disinfettante sulla parte centrale dell'avambraccio. E poi "Es kommt ein Pieks", arriva una puntura, mentre gli perforava pelle e vena con la cannula. Fu meno doloroso di quello che pensava. Ma Fosco era abbastanza sicuro che quelle parole avrebbe dovute ascoltarle molte volte ancora e che nei giorni successivi sarebbe andato ben oltre una semplice flebo.

giovedì, agosto 09, 2012

Alex Schwazer e l'epo

In questi giorni si è parlato molto dell'esclusione di Alex Schwazer dalle olimpiadi per la sua positività all'epo. Io non ho seguito la vicenda con estremo interesse. Mi è arrivata in modo un po' passivo e laterale.
Molto di quello che ho sentito e letto però parlava di Schwazer come vittima sacrificale sottoposto alla gogna medievale e cose simili. Ma io di commenti spietati sul caso Schwazer non ne ho sentiti.


C'è stato veramente chi si è scagliato spietatamente contro di lui?


In tutto quello che ho sentito si esprimeva soprattutto compassione e pena per un ragazzo di 28 anni che ci ha raccontato una vita di 35 ore di allenamenti a settimana vissuti da lui come una tortura da subire in solitudine. Per poi sentirsi pure trattare "da coglione" (ha pure detto "scusate il termine", come fai a non volergli bene) per non essere arrivato primo.
I commenti più duri che ho sentito dicevano: "ha sbagliato ma ...". E invece ho sentito persino chi suggeriva che il suo datore di lavoro (i carabinieri) si dovrebbe far carico del recupero psicologico di un ragazzo che afferma: "Bisogna essere bravi anche a usare l'epo e io non sono stato bravo neppure in quello". Qualcun altro ha suggerito
"al giovane Schwazer di dedicare il prossimo anno alle scuole, andando a parlare con i giovani, di sport, di valori, di aspirazioni, di errori, di amicizia, di affetti. La sua esperienza, proprio perché tremenda, secondo me è credibile e comprensibile da parte dei giovani, che vivono il malessere di una società basata sulla performance a tutti i costi, sulla perfezione da esibire a ogni costo, sul primo gradino del podio come unico obiettivo accettabile. Lo sport è una metafora della vita, che ci piaccia o meno. Io oggi, ascoltando Schwazer, mi sono sentito vicino alla sua umanità. Non per perdonarlo, cosa che non mi riguarda, ma solo per comprenderlo, e rispettarlo come persona."

Sì, credo che sarebbe molto educativo cercare di far capire ai giovani delle scuole, con una testimonianza del genere, che il successo non implica sempre la felicità.

Comunque l'idea che mi sono fatta io è che Schwazer non ce la faceva più a sopportare quella vita e come via d'uscita più semplice, magari inconsciamente, ha trovato quella lì.

A proposito, l'epo me lo sono fatto anch'io più volte in passato. Pure io dovevo vincere una gara. 

mercoledì, agosto 08, 2012

Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi

L'Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi è salvo!! Evviva l'istituto!
Ne avevo parlato qui.
L'ho appena sentito in un servizio di Radio Colonia.

Viaggio pitagorico: Taranto - il Museo della Magna Grecia

Mercoledì 6 giugno

Uno dei motivi principali per cui abbiamo incluso Taranto in questo viaggio è il Museo archeologico nazionale di Taranto in cui è esposta una delle più grandi collezioni di manufatti dell'epoca della Magna Grecia, tra cui gli ori di Taranto.

Degli ori di Taranto fanno parte questo orecchino a navicella in oro (IV sec. a.C.) e gli altri ori delle fotografie che seguono.
Orecchini ad elice in oro (IV sec. a.C.)
Orecchino a disco con pendente conico in oro (III sec. a.C.).

Aulos in osso (inizi III sec. a.C.)
Bambole e terrecotte policrome (IV sec. a.C.)
Stateri, dracme, dioboli, oboli, emioboli.
All'uscita dal museo c'imbattiamo nella chiesa di San Pasquale Baylon. Santo il cui nome avevo sentito molte volte in passato ascoltando questa canzone.

Dopo quest'abbuffata di cozze, vicoli e musei tarantini usciamo dalla fase pitagorica del viaggio per recarci a  Matera e poter finalmente ammirare i celebri sassi.

martedì, agosto 07, 2012

Se i nazisti fossero stati poco seri - riflessioni su serietà, acriticità e tendenze anarcoidi

Quante volte ho sentito i miei connazionali autoscreditarsi 1?

Siamo poco seri. Siamo voltagabbana. Siamo poco precisi. Le solite cose all'italiana.... ecc...

E quante volte li ho sentiti sperticarsi in elogi su quello che invece succede "all'estero"2?

Loro sì che sono seri. Lì le cose funzionano bene. Tutte le strade sono pulite.... ecc...

E spesso questo utopos del "Lestero" viene identificato con la Germania.

Ora, pur volendo tralasciare il discorso molto complesso sul fondo di veridicità o meno di tali generalizzazioni 3, io più volte mi sono chiesto:
È vero. Forse in varie occasioni, anche di tipo storico, abbiamo mostrato che il nostro carattere nazionale è un po' così. Ma in certi contingenze storiche non è forse stato meglio che gli Italiani medi fossero fatti così?

Date queste premesse, non potevo che sobbalzare sulla sedia quando ho sentito Edoardo Camurri nella puntata di ieri di Pagina3 leggere l'articolo "Se i nazisti fossero evasori" di Ermanno Cavazzoni (Il Domenicale de Il Sole 24 Ore, p. 21).

Ecco il sommario dell'articolo:
"E se i volenterosi carnefici di Hitler fossero stati pelandroni, restii a pagare le tasse e avessero avuto il posto con un concorso truccato? Forse, in certe circostanze, meglio l'inefficienza e la pigrizia."
(Per leggere tutto l'articoloPer ascoltare la puntata si Pagina3 - Per scaricarla)

Autodiscredito: sport nazionale la cui supremazia italiana è internazionalmente riconosciuta da decine di ori.
2 Sì, "Lestero"! Questo indefinito utopos dove non esiste corruzione, ci sono asili gratuiti per tutti e i politici lavorano per l'interesse del paese.
3 Per chi volesse riflettere anche su queste generalizzazioni uno spunto potrebbe trovarlo su queste impressioni sulla conferenza di Gian Enrico Rusconi di maggio.


lunedì, agosto 06, 2012

Viaggio post-pitagorico: Taranto - la città vecchia

Nel tardo pomeriggio attraversiamo i confini lucano-pugliesi e giungiamo a Taranto verso l'imbrunire. Giunti in albergo ci troviamo di fronte lo spettacolo delle luci della città vecchia che si riflettono sulla sponda opposta del Mare Piccolo.

 

Dopo aver sistemato i bagagli raggiungiamo la città vecchia: un'isoletta che separa il Mare Piccolo dal Mare Grande.
C'inoltriamo per le viuzze e per i vicoletti mal illuminati. 
Basilica Cattedrale S. Cataldo - Duomo (sec. X-XII)
Zucchero è un po' titubante. Ha l'impressione che possa essere un po' pericoloso. Ma io sono troppo affascinato e la sprono a proseguire.
A differenza di altre città qui il centro storico non è passato nelle mani di classi sociali elevate. Durante l'esplorazione della città vecchia sono combattuto tra due sentimenti: l'ammirazione per questa bellezza autentica, arcaica e decadente; e la tristezza al pensiero che per preservare questo patrimonio ci sarebbe bisogno di grossi investimenti molto improbabili in un vicino futuro e quindi tutto quello che vedo potrebbe essere destinato al declino definitivo.




Mercoledì 6 giugno

Il mattino successivo torniamo a visitare la città vecchia.

Subito dopo l'attraversamento del ponte orientale ci si trova il Castello Aragonese sulla sinistra. Decidiamo di visitarlo. Attualmente il castello è sede della Marina Militare Italiana. A farci da guida è infatti un sottufficiale molto gentile e preparato, nonostante si affanni a ripetere che quello non è il suo mestiere (caratteristica tipicamente italiana che generalmente non mi dispiace).
Alla fine della lunga visita torniamo a girovagare per la città vecchia spostandoci aleatoriamente verso est.
Fotografo gli scorci che più mi colpiscono.

Raggiunto il ponte occidentale decidiamo infine di mangiare nel ristorante che ci hanno consigliato. Non sono più totalmente sicuro se si trattasse de "Il Porto". Si trovava comunque molto vicino al ponte. Poco a sud di esso.
Polpo, cozze, scuncigli. E chi più ne ha più ne metta. Una delizia! Forse ci sarà stata pure la diossina. Ma chi se ne frega! E dopo queste esperienze mi chiedo sempre: ma perché ce ne siamo andati a vivere a nord delle Alpi?
Scatto ancora scorci nel tragitto di ritorno al ponte  orientale.

Fotografo infine qualche esempio d'ironia tarantina.
E infine c'incamminiamo verso il Museo archeologico nazionale di Taranto per visitare una delle più grandi collezioni di manufatti dell'epoca della Magna Grecia.